Dodici anni dopo è davvero un’ altra “vita”. Chi ha sottoscritto una polizza ventennale sul finire degli anni ‘ 80 pagando un milione all’ anno si trova, a poco più di metà cammino, con in mano un capitale nettamente inferiore a quello che sperava di ottenere. La perdita oscilla dalle 800.000 lire a oltre due milioni (da 441 a 1.241 euro). Se le cose dovessero continuare cos alla scadenza del piano d’ investimento, i risparmiatori incasseranno un capitale di almeno 4-5 milioni inferiore rispetto alle attese. Il profondo rosso delle polizze vita costringerà, quindi, molti di loro a rivedere i piani. Chi sperava di avere i soldi sufficienti da aggiungere alla liquidazione per comprare una casa al figlio dovrà ricredersi. La perdita, infatti, è tanto più consistente quanto più elevato è il premio pagato. Con un versamento di 2,5 milioni – il massimo previsto per sfruttare la detraibilità fiscale dei premi – la differenza, in termini di minor capitale a disposizione, sale almeno a una quindicina di milioni. Diciamo subito che i risultati negativi non sono imputabili solo ed esclusivamente alle compagnie. Le assicurazione certo hanno le loro colpe. Ma il “rosso” è il frutto di una combinazione dei fattori: da un lato la discesa dei tassi d’ interesse, dall’ altro le modalità con cui le polizze sono state a suo tempo pubblicizzate e vendute. Al momento della sottoscrizione le compagnie sono obbligate a presentare ai loro clienti un preventivo, del tutto ipotetico, con le prestazioni finali calcolate in base al rendimento medio dei titoli di Stato. Sul finire degli anni ‘ 80 i preventivi distribuiti erano calcolati – come stabilito dall’ Isvap – in base a un tasso di rivalutazione delle prestazioni del 10% (rendimento medio dei titoli di Stato nei venti anni precedenti). Tutti sappiamo cosa è successo successivamente. Dapprima l’ impennata dei tassi in seguito all’ uscita della lira dallo Sme, poi la vertiginosa picchiata man mano che ci si avvicinava al traguardo dell’ euro. Risultato: quel 10%, ripetiamo del tutto ipotetico ma sul quale molti investitori hanno fatto a suo tempo i loro calcoli, non ha alcun valore. Oggi i titoli di Stato non rendono più del 4-5%. Basta dare un’ occhiata alla tabella per rendersi conto dell’ abisso tra preventivo e realtà. L’ elaborazione mette a confronto il capitale effettivamente raggiunto nel 2002 da chi ha sottoscritto una polizza a capitale differito nel 1990 con quello ricalcolato in base ai dati finali contenuti nel preventivo. Il caso esaminato è quello di un quarantenne che ha versato dal 1990 un premio di un milione all’ anno. Le differenze sono notevoli e nemmeno l’ uso dell’ euro riesce a dissimularle. Lo scarto va da 441 a 1.200 euro. E, come si può vedere, solo due compagnie Zurigo Vita, ora denominata Zurich Investment Life, con un rendimento del 10,31% e Reale Mutua con un tasso del 10,21% hanno realizzato più di quanto promesso come performance nel 1990 all’ atto della sottoscrizione. Se si guarda ai rendimenti le compagnie, però, non escono poi così male. Dopo 12 anni tutte hanno garantito un rendimento medio netto superiore dell’ 8%. Di fronte ai 12 milioni di lire versati dal sottoscrittore (6.197 euro) i capitali maturati oscillano da 13.932.000 lire (7.196 euro) a 19.398.000 lire (10.018 euro). La differenza è dovuta al diverso peso dei costi previsti sui versamenti che, per alcuni prodotti venduti negli anni ‘ 90, arrivavano al 22%. In pratica su ogni 1000 lire versate dal cliente, 220 erano trattenute per costi e commissioni vari e solo 780 impiegate nella polizza. Solo un quarto delle compagnie esaminate aveva costi inferiori al 15%. Vista la debacle a cui molti investitori rischiano di andare incontro non sarebbe male che le compagnie informassero, anno dopo anno, su quanto si discostano le prestazioni reali della polizza vita da quelle simulate nel preventivo presentato alla nascita del contratto. E se non lo fanno è bene che il risparmiatore chieda al più presto conto dell’ andamento reale del proprio investimento. Magari per “riaggiustare” il versamento annuo in modo da poter contare, all’ et… della pensione, sul capitale o sulla rendita di scorta più adatti alle proprie esigenze. Paolo Golinucci
Golinucci Paolo
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(22 aprile 2002) – Corriere Economia