Violazione della privacy
Appropriarsi dei dati di una persona è una violazione dei diritti dell’uomo, è un reato, ed è sanzionato dal nostro ordinamento giuridico. In particolare, ai sensi dell’articolo 2050 del Codice Civile, esso dà diritto ad un risarcimento del danno patito. Il diritto alla riservatezza, infatti, è fondamentale per l’individuo, in quanto le informazioni riguardanti la persona, la famiglia, le attività economiche, le proprietà ed i beni riguardano la sfera esistenziale e, come tali, sono da preservare; il responsabile di una violazione della privacy può essere un privato che sfrutta i dati personali per trarre profitto o arrecare un danno, o un’azienda, magari per omessa custodia ai dati che le erano stati affidati.
Privacy: dati sensibili, semi-sensibili e personali
Non tutto ciò che riguarda l’individuo è classificabile come dato sensibile. Tale denominazione, infatti, è riservata a ciò che concerne l’appartenenza razziale, il credo religioso, le opinioni politiche, l’iscrizione a partiti, associazioni o sindacati, la salute e la vita sessuale. Accanto a ciò, esistono i dati semi-sensibili, ovvero quelli che riguardano la situazione economica e, in generale, tutto quello che potrebbe potenzialmente danneggiare il titolare dei contenuti. Infine, i dati personali, ovvero le generalità dell’individuo che sovente servono a creare un profilo nei database.
Cosa fare in caso di violazione privacy?
Accertata la violazione della privacy, è possibile sporgere denunzia presso il Garante competente, il cui potere è però limitato all’imposizione di misure più rigide per la gestione dei dati sensibili, o presso l’autorità giudiziaria nel caso in cui si voglia ottenere un risarcimento. Condizione indispensabile per la richiesta di indennizzo per danni patrimoniale, morale o esistenziale, come ha stabilito da Corte Costituzionale nella sentenza 1608 del 2014, è la dimostrazione del nesso di causalità sussistente tra la violazione della privacy e il danneggiamento patito. Le pene comminate, anche per reati perpetrati tramite internet, è la reclusione fino a tre anni ed una sanzione fino a 50.000 €.