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il TFR ? Vale 5 giorni di pensione in piu’ – 250 euro in piu’ al mese

Duecentocinquanta euro in piu’ al mese per chi cerca la tranquillità, , oltre trecento per chi accetta qualche rischio in più. E’ l’assegno integrativo che, al momento del pensionamento, può accumulare un trentenne con un reddito annuo lordo di 26mila euro che decide di destinare il Tfr a un fondo pensione, optando per una linea con rendimento garantito del 2% l’anno, oppure per una bilanciata con un 50% di azioni e un 50% di obbligazioni. Un’entrata che consente di allungare sino al 25/26 del mese (rispetto al 31 che si aveva con lo stipendio) la copertura offerta dalla pensione (pubblica e complementare). Mentre con la rendita esclusivamente Inps il tasso di copertura si fermerebbe al 21.
La sfida
Secondo le elaborazioni di Progetica, società di consulenza in educazione finanziaria e previdenziale, in un orizzonte di cinque anni il Tfr è stato battuto nel 97% dei casi da un comparto garantito. La crisi dei mercati finanziari seguita al crac di Lehman Brothers ha portato a una forte volatilità delle Borse: sempre a cinque anni, la liquidazione (che in azienda si rivaluta con un tasso dell’1,5%, più il 75% dell’inflazione) è stata superata da un comparto azionario solo nel 61% dei casi. A vent’anni qualunque linea avrebbe fatto meglio del Tfr. «Abbiamo analizzato le performance dei mercati finanziari negli ultimi quarant’anni — spiega Andrea Carbone, partner di Progetica —. E attraverso un meccanismo di trascinamento, abbiamo confrontato i rendimenti di tutti i periodi da uno, cinque, dieci e vent’anni nell’orizzonte temporale fra il 1970 e il 2012. Il confronto sul ventennio, per esempio, ha analizzato le performance fra il 1970 e il 1989, fra il 1971 e il 1990, e così via. Le elaborazioni confermano che nel lungo periodo, che comprende anche anni di forte instabilità, la previdenza integrativa rende più del Tfr».
I calcoli
Dopo le riforme degli ultimi anni, l’età di pensionamento e l’ammontare del vitalizio dipendono da alcune variabili: allungamento della speranza di vita, andamento dell’economia e quindi variazione del Pil, dinamica di carriera della persona. In pratica, il quando e il quanto della pensione sono l’esito di stime e non più di calcoli. «Per questo nelle elaborazioni i valori sono stati rappresentati con una forchetta, compresa fra uno scenario inferiore e uno superiore — dice Carbone —. Sono stati esaminati tre profili di lavoratori dipendenti, di trenta, quaranta e cinquant’anni, che hanno cominciato a lavorare a venticinque, con una retribuzione lorda mensile di 2mila euro».
Per un trentenne, per esempio, a seconda dell’allungamento della vita media, l’età in cui potrà staccare oscillerà dai sessantacinque anni e sei mesi (se il trend sarà minore delle previsioni), ai sessantotto anni e nove mesi. «Sinora — sottolinea Carbone — la vita media si è allungata più della previsione più ottimistica».
L’importo del vitalizio, invece, è soggetto almeno a 4 variabili: età di pensionamento, allungamento della speranza di vita, dinamica di carriera e andamento dell’economia italiana. Nel sistema contributivo (che si applica ormai a tutti i lavoratori, almeno per quanto riguarda i periodi contributivi successivi al primo gennaio 2012), l’assegno viene infatti rivalutato in base alla variazione media del Pil nel quinquennio p: recedente. E, da alcuni anni, l’economia italiana soffre una profonda recessione. Così, per esempio, a seconda di come andranno queste variabili, la pensione del trentenne potrà essere compresa fra 1.072 e a1.614 euro.
Che aiuto potrà fornire la pensione di scorta? Per gli stessi profili, le elaborazioni di Progetica ipotizzano il conferimento del Tfr nella previdenza complementare. «Sempre per il trentenne — spiega Carbone — il beneficio mensile lordo potrebbe essere compreso fra i 247 euro di un investimento in un comparto garantito, ai 334 di un bilanciato. Il rischio in previdenza, insomma, paga». Per il quarantenne l’integrazione varia da 164 a 203 euro al mese, per il 50enne da 126 a 146.
Così nel 2013
Anche i dati più recenti confermano del resto il positivo bilancio dei fondi. In base a un campione che in termini di aderenti rappresenta quasi il 90% del totale, nei primi nove mesi dell’anno i fondi aziendali o di categoria hanno reso il 3,6%, contro l’1,3% del Tfr. Secondo i dati preliminari (quelli completi saranno riportati lunedì prossimo), la performance migliore è stata il 9,1% della linea bilanciata-azionaria di Telemaco, il fondo delle telecomunicazioni.
Eppure, nonostante questi risultati, il settore fatica a decollare. Secondo i dati della Covip (Commissione di vigilanza sui fondi pensione), al 30 giugno scorso gli iscritti erano poco più di 6 milioni (+3,7% rispetto al 31 dicembre 2012), di cui 4,2 dipendenti privati: in pratica, è iscritto circa un lavoratore su quattro.

Fonte : Roberto Bagnoli – Corriere della Sera – Corriere Economia 14/10/2013

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