La polizza unisex conviene davvero? E cosa significa per le signore assicurate dire addio ai «privilegi» statistici che finora hanno contraddistinto il loro rapporto con le compagnie? Una recente sentenza della Corte di giustizia europea (primo marzo 2011) ha stabilito che le differenze basate sul genere – uomini e donne – sono discriminatorie. E vanno eliminate: i premi e le prestazioni devono essere le stesse sia per gli uomini che per le donne. Asimmetrie Le donne hanno spesso goduto di premi più bassi nell’ Rc auto, per la loro prudenza al volante rispetto agli uomini. Identico vantaggio anche nelle assicurazioni caso-morte, dovuto alla maggior longevità rispetto al sesso maschile. Anche se poi questa maggiore speranza di vita si traduce in penalizzazione nella previdenza integrativa: a parità di versamenti effettuati la rendita vitalizia è più bassa, perché verrà erogata (si suppone) per più anni. La sentenza di Bruxelles – che nasce dal ricorso di Test Achats, associazione di consumatori belga, che da più di 15 anni si adopera per impedire che le compagnie di assicurazione possano legare l’ entità dei premi a fattori che il consumatore non può controllare come l’ età, il sesso o lo stato di salute – pone un freno alle varie deroghe che le compagnie avevano introdotto con il recepimento della direttiva 2004/113. Questa normativa vietava in linea di principio di prendere in considerazione il criterio del sesso per calcolare i premi e le prestazioni assicurative dei contratti conclusi dopo il 21 dicembre 2007. Ma prevedeva una deroga: era consentito, infatti, agli Stati membri autorizzare eccezioni alla parità di trattamento se potevano garantire che i dati attuariali e statistici su cui si basavano i calcoli, e le differenze di genere, fossero affidabili, regolarmente aggiornati e a disposizione del pubblico. Tutto questo a partire dal 21 dicembre 2007. Limite Ora per consentire la vera parità tra i sessi la sentenza della Corte di giustizia europea ha fissato una data limite, il 21/12/2012. Nel settore dei servizi assicurativi, la deroga alla regola generale dei premi e delle prestazioni unisex non sarà più valida a partire da quel giorno, tra un anno e mezzo circa. Quale potrebbe essere l’ impatto pratico? Oggi, ad esempio, per un’ assicurazione sulla vita (caso morte) di 100.000 euro per 10 anni un uomo trentenne paga 91 euro l’ anno, mentre una donna ne sborsa solo 75. Se invece l’ età dell’ assicurato alla sottoscrizione è di 50 anni ecco che a fronte di un premio di 297 euro l’ anno per la donna, il coetaneo maschio deve mettere sul piatto 409 euro. In una polizza sanitaria per il rimborso delle spese mediche a seguito di ricovero ospedaliero, oggi la disparità di costo può superare i 600 euro per i 60enni: 1.297 euro di premio per le donne e 1.910 euro l’ anno per gli uomini. Si tratta, quindi, di stabilire come le compagnie di assicurazione adatteranno la politica tariffari alla logica delle polizze unisex. La speranza è che la decisione della Corte di giustizia stimoli la concorrenza tra le compagnie. Le alternative possibili sono due: l’ utilizzo della tariffa più elevata oppure un mix tra i premi differenziati finora in vigore. Commenti I primi commenti, però, non lasciano ben sperare. Il Comitato europeo delle imprese di assicurazione (Cea), ad esempio, ha dichiarato: «La decisione dei giudici di non riconoscere che il sesso rappresenta un legittimo fattore determinante nella tariffazione dei contratti è una brutta notizia per i clienti delle assicurazioni». RIPRODUZIONE RISERVATA
Golinucci Paolo
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(9 maggio 2011) – Corriere Economia